Florinda - olio riflesso su vetro - cm 32 x 42
presentazione al catalogo di Tullio Bertinotti
In questa mostra personale Antonio Thellung presenta alcune sue elaborazioni artistiche realizzate con materiali diversi in obbedienza alla sua costante necessità dì ricerca.
Le raffigurazioni, rese con severa essenzialità, emergono da una atmosfera rarefatta soffusa di una sottile malinconia.
Sono volti, maschere, anonime fisionomia, assorte in statica attesa.
Una magica realtà circonda i soggetti che appaiono emulsionati da intime e sofferte evocazioni, I materiali inediti, trattati con tecniche appropriate, consentono una più penetrante significazione dell’elemento psicologico che l’artista coglie e blocca in un attimo senza tempo.
Il Miliardo 5 gennaio 1972
L’ansia dell'Arte, l'ansia della ricerca, l'ansia del dire, l'ansia del nuovo, e fors'anche l'ansia pirandellianamente gustosa dell'avventura ha spinto e spinge gli artisti di tutti i tempi alla ricerca di sempre nuovi mezzi d'espressione, alla ricerca di sempre nuovi materiali, alla ricerca di sempre nuovi linguaggi.
Nell’Arte della pittura e della scultura, dai graffiti preistorici delle caverne, dagli encausti agli affreschi, dai mosaici ai guazzi, dalle vetrate di Chartres ai collages, dall’olio al pastello, dalle tempere agli acrilici, dalle antichissime sculture criso-elefantine, agli ultramoderni polimaterici, da Leonardo a Fontana (beninteso con le dovute distanze), sempre gli artisti più sensibili hanno ricercato e sperimentato, pagando a volte generosamente di loro col deterioramento delle proprie opere.
Particolarmente oggi. con l’abnorme apporto ricevuto dall’incalzante progresso tecnologico, sempre più gli artisti sono spinti a ricercare nuovi mezzi d’espressione; ed è proprio in quest’ansia febbrile e continua di ricerca che spesso valicano gli insostituibili confini dell’arte della pittura e della scultura,
D’altra parte è anche vero che quando non si parli di pittura o di scultura l’arte si può fare in tutti i modi e con qualsiasi mezzo, «a condizione che riesca a comunicare un messaggio che sia poesia».
Queste parole dettemi nel 1965 dal mio grande amico Ungaretti, riaffermano in nuce ciò che nel 1956, lanciando da Roma il mio primo manifesto del Movimento Poeti-Pittori, asserivo: «Solo la poesia è la generatrice di tutte le arti», Movìmento Poeti-Pittori che il Salvini non esitò a chiamare antimovimento, poiché esso non dettava schemi prefissi né prestabiliva moduli da riempire, ma inneggiando alla massima libertà dell’artista, raccomandava solo chiarezza e comunicabilità di linguaggio
Premesso questo dirò che il nostro Antonio Thellung è un serio castigato autentico ricercatore di razza: voglio dire non è cioè uno sperimentatore di quelli che con divertenti trovatine ci somministrano palloncini o barattolini di «merda d’artista - barattolini interessantissimi e spiritosissimi se si vuole, perché ci parlano di caustici messaggi, di lotte di classe, perché bollano a sangue l’inattaccabile eterna stupidità umana e denunciano sporchi interessi commerciali che nulla hanno a che fare con l’arte della pittura e della scultura. Thellung, senza oltrepassare mai i confini propri del linguaggio di queste arti, se mai fondendoli talvolta in felice connubio ci dice modernamente, ma con chiarezza e proprietà dì linguaggio del suo grande amore per la sua arte e per la sua poetica.
Le interessanti ricerche tecniche, che nel giro di pochi anni lo hanno portato dal possesso della pittura ad olio su tela a quello della pittura su vetri variamente operati dai più moderni processi tecnologici, fino alla padronanza della pittura eseguita con smalti sintetici a fuoco, su lamiere da lui stesso tagliate e forgiate, ci parlano della sua serietà e del suo impegno d’uomo e d’artista.
Gentile, sensibile, ma non debole, Thellung riesce a trattenere la sua pericolosa emotività attraverso la scelta di quei valori geometrici e matematici che chiaraniente ci dicono delle sue esigenze spirituali e morali. Perfino la scelta dei vetri operati, coi loro impressi ritmi d’orizzontalità, di trasversalità e di verticalità ci attestano delle preferenze e degli interessi formali dell'artista.
Maschere, piccoli oggetti, vasetti, ritratti e nudi muliebri non sono altro che il dato di natura che il nostro artista ci offre come pretestuoso stimolo emotivo; dato di natura che l’artista riscatta dalle effimere apparenze senza mai indulgere al descrittivo, allo psicologico, al letterario, e violentandolo per virtù d’astrazione, introduce sovente e di buon diritto nelle alte sfere dell’Arte. Lontane corrispondenze immaginative, lontane voci e intime connaturate predilezioni dell’artista, ascrivono le origini e la genesi dell’anatomia stilistica di questa pittura in quei cieli luminosi che s’abbeverano ad armonici architettonici commisurati spazi e che attraverso rigori matematici e geometrici vanno da Paolo Uccello a Piero della Francesca sfiorando se si vuole Mondrian, Castrati, Morandi.
Sono certo che Thellung, acuendo sempre più la sua autocritica e tenendo sempre più fede alle sue scelte e alla sua morale, riuscirà a conquistare ancor più quelle affermazioni e quel successo che merita,
Walter Lazzaro
Gazzetta del Lunedì 10 gennaio 1972
Antonio Thellung, presente al Centro Ligustico d’Arte espone lavori ad olio, vetri operati e composizioni in lamiera tagliata.
Tralasciamo di soffermarci su questi ultimi che vanno ascritti ad una produzione artigianale, sia pure talvolta con esiti di piacevole decorativismo, per esaminare le tele nelle quali sono reperibili sollecitazioni artistiche.
Con definizione chiara, che sembra obbedire ad una esigenza di purezza, affinché si staglino in assolutezza i valori formali e contenutistici connessi alle immagini, Thellung delinea volti femminili essenziali nei contorni incisivi elegantemente stilizzati.
La rigorosa scansione delle linee, l’eccessiva castigatezza dell’elemento pittorico, dai toni severi, spesso di timbrica sorda, pur nelle equilibrate contrapposizioni, vincolano notevolmente queste figure che risultano superficiali, chiuse alla necessaria resa psicologica.
Anna Maria Secondino
Il secolo XIX 14 gennaio 1972
Donne bellissime e raffinate (paiono tutte carrozzate da Pininfarina) stanno al centro degli interessi artistici di Antonio Thellung, che le descrive su tela, su vetro o le ritaglia dalla lamiera. Le «sculture» in lamierino sono senza dubbio le più originali e riuscite. Buoni anche i vetri, la cui superficie lavorata fa vibrare la luce sulle figure. Meno buoni invece gli olii su tela, in cui il colore piuttosto pesante mortifica ‘un po’ la spiritualità eterea delle modelle.
Sergio Paglieri
Il Cittadino 14 gennaio 1972
Antonio Thellung nato a Genova da antico ceppo, operante a Roma, ha esposto, in mostra personale, al centro Ligustico d’Arte, una serie di pitture, su tela e su vetro — smerigliato appannato, filigranato, scalfito, ghiacciato — ed opere composite — su piastre di metallo molto sottili, filerate — raffiguranti figure giovanili muliebri, in variati atteggiamenti, movimentati aspetti, ed in espressività sintetizzate del «momento estetico».
Nelle pitture su tela, l’autore con criteri semplificatori sembra tendere ad una struttura — di primo -piano — in cui il contrasto è rappresentato dall’angolo retto, formato da linee che vorrebbero suggerire — dopo aver doto luogo ad un’apparente limitazione rettangolare — il vuoto spaziale fruibile per il tema fondamentale.
I presupposti limiti geometrici sembrano mirare ad una spazialità, d’impronta evocativa, in cui le immaginì, svincolate, più libere, idealmente dovrebbero respirare, assumendo espressività tipologiche non più legate a verosimiglianze, per cui vorrebbero figurare di contemplare e caratteri e temperamenti, trascurando ogni individuale effigie.
Da premesse in cui i contrasti assicurano l'equilibrio — «neoplasticismo» di fatto — l’autore sansibile alle rimembranze artistico-pittoriche, pare voglia rientrare nelle concezioni dei Quattrocentisti, sia coloristicamente sia sotto il punto di vista della prospettiva.
Si direbbe che da un iniziale istintivo gusto «postimpressionista» e da un’impostazione culturale da Mondrian, il pittore, memore delle lezioni dei Quattrocentisti — Piero delta Francesca, «flagellazione», Urbino Palazzo Ducale; Paolo Uccello « Caccia notturna», Oxford, Museo — in una specie di preludio abbia inteso avvalersi di idee surrealistiche.
Alle espressioni, parzialmente sorrette da maculazioni – tipologiche in Alexej von Jawlensky – v. « La piuma bianca» 1909, Stoccarda, Staatsgalerie,. o da impostazioni similari a Paul Delvaux – v «Fasi della luna», 1939, New York, Museum of Modern Art, od anche, sotto certi punti di vista, da Wilhelm Freddie – v «Zola e Jeanne Rosero» 1938, Copenaghen, Coll Jorn Freddie — si può pervenire, tenuto conto delle preparazione culturale del pittore, personale interprete di concezioni nuove.
Giacomo Migone
Il Miliardo 19 gennaio 1972
Portano spesso, quasi sempre, il nome di una donna. Le maschere realizzate in lamiera verniciata a fuoco, sono donne. E’ un tema che impegna l’artista in questione, appunto perché non sono donne comuni trattate con due pellennate o due spatolate, ma «tagliate» in lamiere e verniciate. Le donne, queste ondine in particolare, hanno l’aspetto vivificante della creatura umana «fatta» a immagine e somiglianza di un viso aperto ad una considerazione di fondo che diventa la ragione cui nasce e prende consistenza il linguaggio di Thellung. Sia che la figura sia vista di schiena, sia a metà busto, sia nuda o vestita e armonizzata in una poetica che non si stacca del contenuto e della forma. Anzi, è la forma che ridotta ad un «tocco» incisivo staglia ogni inutile malinteso per assumere l’aspetto chiaro ed inconfondibile di una pittura che possiede il giusto valore esteteico per essere tale, per essere giudicata tale, per essere letta, così como vuole il Marangoni dopo aver cercato il «pelo» nella tela (anzi, sulla tela o sul vetro operato).
Saranno frutto di accurata indagine. me bisogna riconoscere che non v’è nulla di meccanicizzato anche se vive il geometrismo accentuato e moltiplicato in alcuni «pezzi» realizzati ad olio su vetro operato. Ma, la materializzazione geometrica lascia sempre il posto alla figura, anzi la rende più interessante, più centrata, più eloquente allo sguardo delicato dell’osservatore meticoloso, del critico scaltro e preparato a tutte le evenienze.
Ricerca o problema ormai risolto? Thellung, ha ricercato in partenza qualche cosa che fosse valida per sostenere un discorso e questa ricerca ha risolto la problematica che avrebbe potuto arrestare il corso al racconto, il vezzo alla poesia nella sua incessante ed armonizzante dialettica Thellung partito esaminando un effetto futuro prevedendone i risultati, ha raggiunto uno scopo che tanti hanno tentato senza riuscirvi. Lo stesso Mondrian, «incrociando» le linee e creando rettangoli e quadrati noti ha mai pensato a e collocare la «Figura » stagliandola con il geometrizzare delle sue linee verticali, orizzontali in un giuoco di rettangoli e quadrati pieni di colore e di vita.
Base Mondrian, da tutti riconosciuto padre dell’architettura moderna, Antonio Thellung ha costruito una pittura che riduce all'essenziale elementi che altrimenti nulla avrebbero significato senza l’apporto d’armonia che completa l’opera vuoi sul vetro operato, vuoi sulla tela.
Le «maschere » non sono le comuni maschere che si vedono «stampate» in ceramica, in bronzo, in alluminio, in latta. Sono maschere in lamiera saldata e verniciate a fuoco. Sono maschere desiderose di parlare perché negli occhi ,nascondono un segreto: quello che loro ha impresso Thellung nel momento stesso in cui le «ha plasmate» saldandole, verniciandole, bruciandole, fermandole con il gusto di un attore che specchiandosi nel silenzio della notte davanti ad una parete illuminata da un fascio di luce riconosce, nella linearità castigata, la propria maschera che ha un proprio cuore.
Thellung, nella sua smisurata modestia, assume un ruolo, oggi, che è destinato a scrivere parole significative non per una novità più nuova della ricerca, ma per ciò che egli trasmette a mezzo dello strumento (pittura e scultura) messo al servizio dell’osservatore. Pittura per un dialogare serio e costruttivo; pittura per spaziare in pagine dense di vitalità e non «imbottite» da falsi contenutismi che lasciano il tempo che trovano specie oggi. In definitiva, Thellung opera in un campo che gli è favorevole per la scelta della strada intrapresa. Ed è un passo essenziale per essere qualcuno, a grado, a tappe, graffiando la pietra del successo con unghie di fuoco.
Salvatore Sicilia
Genova notte 30 genaio 1972
Artisti alla ribalta
Thellung tratta il colore e il metallo seguendo due linguaggi diversi dedotti non dalla materia usata, bensì da due aspetti o punti di vista culturali, che comuni all’origine, divaricano poi l’uno dall’altro.
Nella pittura l’impasto cromatico, le curvilinee, il segno morbido, evidenziano una tendenza neoclassicheggiante anche nell’impianto. La figura femminile, austera emerge altera dai riquadri verso l’osservatore. Modernamente concepita si regge su un contesto geometrico organico, dove persino i colori campiscono in dignità discreta. La scultura, si immerge nell’atmosfera pompeiano — kleeiana sorretta da un lirismo aereo e forse specioso (il ciuffo dei capelli metallici svolazzanti). Nella pittura Thellung penetra nei meandri ardui dell’arte antico-moderna, nella scultura “il s’amuse comme un enfant”.
Gino Sordini
Il Narciso 15 Marzo 1972
La staticità delle figure di Antonio Thellung costituisce un elemento in parte positivo per quel senso di ansia bloccata che esse emanano.
Alla galleria Centro Linguistico d’Arte, egli ha allestito una rassegna comprendente opere su vetro e tela alle quali erano affiancate le sue “sculture” in lamiera che possiedono qualità espressive anche se talvolta sconfìnano nell’artigianale. E’ l’immaginazione a condurre Thellung in un mondo di strani e piccoli oggetti e a ritrarre quei singolari ed enigmatici volti di donna chiusi ad ogni partecipazione umana.
Idamaria Balestreri