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Al di là del non senso

dall'inquietudine alla speranza

Gribaudi editore, 2018, pag. 102, € 10,00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Senso o non senso?
questo è il problema.

 

Premessa
Il mio amico Elio

 

Elio è morto. Una parte, una grandissima parte della mia vita se n'è andata con lui. Non c'è più, il suo corpo è stato cremato. Lui non c'è più.

Mio fratello Elio è morto. Abbiamo vissuto insieme per tanti anni nella Comunità del Mattino che ci ha resi fratelli, insegnandoci a camminare con lo spirito di monaci nella vita quotidiana. E quante esperienze, quante strade abbiamo percorse insieme!

Il mio socio Elio è morto. Per più di vent'anni abbiamo lavorato fianco a fianco nel gestire il magazzino per l'Unicef, sovente con un certo affanno quando gli ordini da evadere erano tantissimi, ma sempre con allegria, anche se talvolta la fatica sembrava non volerci risparmiare. Da qualcuno avevamo sentito dire che per ottenere risultati significativi non bastano gli sforzi: ci vogliono dei supersforzi. E noi, nel condividere quella fatica, avevamo capito che è proprio vero.

Mio figlio Elio è morto. Figlio e fratello a un tempo per la differenza d'età, ma anche perché quando mi sono ritirato dal lavoro lui ha continuato in società con mio figlio Filippo, comportandosi come un fratello maggiore. E ora non c'è più.

Non c'è più? È morto il mio collega d'assistenza domiciliare ai malati terminali, attività che abbiamo svolto molto intensamente per oltre vent'anni, collaborando con l'associazione Ryder Italia. Quante ne abbiamo viste e condivise di vicende indimenticabili! Si può dire che eravamo intercambiabili perché, condividendo la vita e le varie attività quotidiane, uno di noi due poteva sganciarsi in qualsiasi momento per rispondere alle necessità d'urgenza, lasciando all'altro il compito di svolgere il lavoro di entrambi. Fra tutte le esperienze vissute voglio ricordare l'assistenza a una bambina di 6 anni, colpita da un astrocitoma al cervello che l'aveva rapidamente consumata. Ho raccontato a suo tempo l'episodio nel libro Accanto al malato ….. sino alla fine, e ora sento l'impulso a trascriverlo qui di seguito, senza aggiungere altro: «dopo aver terminato, insieme a Elio, la struggente assistenza alla bambina, mi accorsi che la nonna si era presa sulle ginocchia la sorellina, cominciando a raccontarle qualcosa che sembrava una favola. Ad un tratto però sentii che le diceva: “eravamo soli e disperati, non sapevamo che fare, non eravamo preparati. Allora il buon Dio ci ha mandato due angeli che ci hanno aiutato a vincere la disperazione”. Anche Elio se ne era accorto e mi guardava imbarazzato. Non sapevamo che fare: altre volte ci eravamo sentiti a disagio di fronte a ringraziamenti esagerati, ma questo ci sembrava veramente troppo. Mi rivolsi allora scherzando alla nonna, ed anche Elio intervenne con qualche battuta tentando di ridimensionare. La nonna rispose in modo scherzoso e simpatico, poi però aggiunse: “non sappiamo chi siete voi, però noi stamattina abbiamo ricevuto l'aiuto di due angeli”. Restammo impressionati e stupefatti, di fronte alla dimostrazione di quanto sia facile ottenere risultati significativi. Non è necessario essere santi, o perfetti, o tipi in gamba, o particolarmente abili. Anche un mediocre può, chiunque può fare qualcosa, a patto di volerlo fare, a patto di farlo. O, per dirlo con una metafora, basta prestare i propri vestiti agli angeli: sapranno loro come utilizzarli».

Si potrebbe dire che nei lunghi anni di tali coinvolgenti assistenze abbiamo studiato insieme per imparare a morire, e ora lui ha dimostrato quali frutti abbia raccolto. Ormai sofferente da anni non si è mai lasciato abbattere, neppure alla fine quando ormai sentiva prossimo il momento dei saluti. Ha affrontato le tribolazioni con una dignità straordinaria senza mai un cedimento, dimostrando che la lunga scuola frequentata assieme ha dato i suoi frutti. E questa è una grande speranza anche per me: quando verrà il mio turno, saprò affrontarlo con la stessa serena tranquillità?

La dedizione della sua sposa, che lo ha curato col coraggio di un profondissimo amore, e anche l'altrettanto grande amore dei suoi figli che mostrano tutto il loro strazio per questa sua prematura uscita di scena, così come quello di sorelle, nipoti, parenti, amici di tutti i generi, dimostrano che stima e affetto nei suoi confronti possono ben dirsi straordinari. Ha seminato molto, sotto diversi aspetti, e i suoi semi sono germogliati e hanno fruttificato. E non pochi continuano a nutrirsene. Ma lui dov'è? Non c'è più? La sua vita è finita per sempre?

Elio è vivo, vivissimo nel ricordo dei suoi cari e di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ma lui dov'è? È ridotto a quel mucchietto di cenere raccolto in una piccola urna? Certamente è immortale nei pensieri, nei ricordi dei suoi cari e dei suoi amici che hanno saputo nutrirsi dei suoi insegnamenti, è vero, ma lui dov'è? Dove si trova? Lo sa, li conosce questi grandi risultati? Ha coscienza del suo essere? Continua in qualche modo a esistere? È in grado di percepire i numerosi frutti della sua abbondante semina? Oppure?

La nostra fede nel Risorto non è in discussione, ma fuor di metafora, che cosa significa in concreto? Insomma, la vita di Elio, così pregnante, ha avuto un senso? Ha un senso? Continua a avere un senso in se stessa, oltre a quello che rimbalza in chi lo ha conosciuto e continua a sentirlo vivere nel proprio cuore? E se un senso ce l'ha, esisterà anche un senso d'insieme, un senso che unifica e comprende tutte le esperienze analoghe altrettanto significative? Oppure dobbiamo pensare e credere che nulla abbia un senso che vada oltre la semplice memoria?

Sono interrogativi sempre più presenti oggi, nella crisi esistenziale che sta attraversando l'umanità intera, e che si fanno inquietanti quando persone tanto vicine e amate entrano nel mistero.

 

INDICE

Premessa: IL MIO AMICO ELIO

1. IL PUNTO CHIAVE

2. SENSO E NON SENSO

3. IL GUSTO D’INDAGARE

4. ATTIVITÀ DIVINA

5. SETE DI GIUSTIZIA

6. FIGLI DI DIO?

7. IL LIMITE DIVINO

8. L’ERA DELL’ALGORITMO

9. LA NATURALE TENDENZA

10. IL TEOREMA DIVINO

11. UN’ALTRA VITA?

Appendici

     A. UN’ANTICA RICERCA:

Il monaco analogo

     B. VARIAZIONI SULLA PRESENZA REALE

Noi facciamo così

Verso celebrazioni telematiche?

Il paradosso della presenza reale

 
AVVENIRE mercoledì 23 gennaio 2019

La sapienza di un quasi blogger che non smette di farsi domande

 

Nella quarta di copertina del suo ultimo libro, "Al di là del non-senso: dall'inquietudine alla speranza", Antonio Thellung prende immediatamente le distanze dall'«era dell'algoritmo» e dalle diverse forme di non senso che in essa «si sentono predicare». Ma non è solo per questo che mi iscrivo al gruppo dei fan, dove peraltro arrivo buon ultimo. Sto parlando infatti di un signore nato all'inizio degli anni Trenta, che si presenta come «sposo, padre, nonno, bisnonno e talvolta (come dilettante) scrittore, poeta, pittore, scultore, pilota d'auto, perito d'assicurazione, carrozziere, fondatore di Comunità, assistente di malati terminali e altro»: attività in parte pubbliche, delle quali il sito personale ( tinyurl.com/y9lstpe3 ) è testimone. Questo stesso giornale gli ha dato talvolta la parola, anche in anni recenti. Io devo invece la felice conoscenza, per ora solo digitale, a un post di Luigi Accattoli ( tinyurl.com/ycbgq5gb ), che lo ritrae come «amico scrivente che si è più volte affacciato nel blog e che più volte ho recensito» e con queste parole acuisce il mio rammarico per essere stato più volte distratto.

Provo a recuperare sfogliando in fretta le pagine del suo sito e del suo profilo Facebook, e leggendo la Premessa e i titoli dei capitoli del nuovo libro. Ne traggo la sensazione che sarebbe anche un ottimo blogger: per quel sapore di sapienza che mi arriva e che solo a certe età, e solo a certe persone, è dato di raggiungere. Pur senza dare l'idea che abbia trovato tutte le risposte alle domande di senso che, malgrado «la memoria incontinente e la mente stanca», continua a porsi. Con stordita ammirazione, constato che tale sapienza si è formata per molta parte alla «scuola del morire» che egli ha frequentato, assieme all'amico-fratello-figlio Elio, «nei lunghi anni di coinvolgenti assistenze» a malati terminali.

Guido Mocellin

 

alcuni commenti

Mille grazie per il tuo magnifico libro Al di là del non senso, che ho trovato nel mio cassetto dell'Università lunedì scorso. L'ho letto con tanto piacere, non soltanto perché veniva da te, ma anche perché ritrovavo me stesso in ogni pagina e linea sin dall'inizio colle lamentevole memorie di Elio e, più fugace, anche di Filippo. Meravigliosa letterariamente e serena la tua scrittura. Penso che è il tuo capolavoro letterario e intellettuale. Per me di una grande maturità, letteraria, e umana, filosofica e teologica allo stesso tempo. I tuoi quesiti sono i miei, ogni giorno più insistenti, più pressanti, forse anche per la età, che avanza senza accorgerti, quesiti che mi aspettano in agguato in ogni momento, quando meno l' aspetti, per far saltare per area tutto un sistema di idee che uno è stato filando ed accomodando tutta la vita e poi anche custodendo e difendendo come un tesoro. Ancora penso, o voglio pensare, forse per igiene mentale, che oltre il non-senso si trova il senso. E che mentre siamo in questo mondo siamo bambini che ancora non sanno parlare bene. Stiamo imparando le prime parole, e perciò incapaci di organizzare un discorso coerente: ci manca il linguaggio ed anche i dati più fondamentali per mettere un po' d'ordine. Più che la speranza ho bisogno della fiducia, fidarmi che sono stato fatto alla sua immagine e similitudine, e questo è un  progetto che, anche questo lo penso per igiene mentale, va al di là di questo mondo. Per igiene mentale, cioè per non diventare matto nel mio mare d'inquietudine. Insomma, caro Antonio, ti ringrazio tanto e tanto per il tuo libro.

Angèl Urban
Professore di filologia greca all’Università di Cordova

 

Ho ricevuto con molto piacere il tuo libro e ho cominciato subito a leggerlo. Le prime pagine mi hanno portato a confrontarmi con una realtà che mi è altrimenti facile ignorare, la perdita di Elio. Nella mia memoria resta un ragazzo conosciuto quasi quarant'anni fa e non più visto da tempo lunghissimo, per cui lo vedo sempre attivo, sorridente, cordiale, disponibile ed energico. Poiché la commozione in un anziano è sempre interpretata come segno di decadimento cognitivo, non mi sono messo a piangere, ma l'ho fatto moltissimo questa notte.
Il tuo libro è bellissimo. Mi sembra l'ideale continuazione di "Accanto al malato fino alla fine", la tua opera che sento più vicina alla mia esperienza di medico spesso inerme rispetto alle sofferenze. Non sono ancora arrivato alla fine del testo, perché contrariamente a quello che è sempre stata la mia abitudine, ormai leggo pochissimo e dedico troppo poco tempo a me stesso. Come forse ti ho detto, sono diventato direttore della scuola di specializzazione in medicina del lavoro della Cattolica e coordinatore del corso di laurea di Colleferro, ho quindi la responsabilità di formare una ventina di medici e altrettanti tecnici del lavoro. Sono l'unico docente, almeno per ora, e ho 36 incarichi di insegnamento tra Roma, Colleferro, Brescia e Bolzano. Sebbene il fisico non sia quello di una volta, lavoro più di quando ero giovane …….

Nicola Magnavita
Direttore della scuola di medicina del lavoro
Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Ho finito di leggere il tuo "AL DI LA' DEL NON SENSO" . Bello...bello... bello. Di quanti ne ho letti lo reputo il migliore, forse perché l'età ti mette davanti un mondo sempre più vasto e più nuovo. Un dialogo con un Dio così produce crescita, amicizia, comunione. Sperimentare di essere uno con gli altri fa scoprire il quadro d'insieme … procura il bene per se stessi.
Il senso della partecipazione alle messe domenicali… la trasformazione dei concetti in esperienze dirette. Quanta bellezza nell'opera di Gesù vista in quest'ottica. Quante infinite possibilità ho finora negato e quanto posto Gli ho tolto più o meno consapevolmente. Quella che Tu descrivi così bene nel «non senso» sembra invece dare con semplicità un senso a tutte le cose. La staticità di un Dio che ha in sé già tutto, è un concetto che fa ben comprendere i propri limiti nell'affermare di sapere già tanto.
La tua vita trascorsa con Giulia, l'esperienza di ogni evento trascorso insieme a lei fa comprendere quali possono essere gli effetti di una vita non subìta ma creata nell'amore.

Natalino Vanni

 

Innanzi tutto ho colto il tono totalmente antidogmatico del tuo scritto, il rifiuto delle verità immutabili. L'antropomorfismo in materia di religione e l'idea di un intervento di Dio attivo nel mondo mi hanno sempre respinto, e vedo che tu rifiuti quell'impostazione. A volte - ma non vorrei forzarti la mano - ho l'impressione che la tua ricerca si spinga persino al di là del Cristianesimo come religione rivelata e fondata sull'incarnazione. Io di fronte al concetto di incarnazione, fino ad oggi mi sono sempre fermato, non sono mai riuscito a sentirlo mio, né filosoficamente, né emotivamente, però trovo ugualmente affascinanti le tue ipotesi di ricerca.

Alcuni tuoi passi che rivedono l'idea di un Dio attivo in termini umani mi fanno pensare al deismo e a un autore come Voltaire, che pure dai semplificatori è considerato il campione dell'antireligiosità e che invece offre ogni tanto pagine dense di pietas (ho in mente in particolare  l'invocazione a Dio che chiude il Trattato sulla tolleranza). In qualche modo anche il pensiero a p. 47 (Y.N. Harari) sulla ricerca quotidiana del senso mi sembra abbia qualcosa del deismo, nel suo invitare l'uomo alla responsabilità della ricerca. Mi è piaciuto molto il rifiuto di un senso precostituito che esponi in quel punto del libro. 

Oltre a ciò, mi sono piaciuti l'elogio dell'umorismo e soprattutto il senso di gratitudine alla vita, che mi sembra uno dei tuoi fili conduttori, anche in altri scritti e nelle conversazioni. E ancora, l'idea della trasformazione dell'uomo in energia spirituale (p. 61), in una dimensione totalmente altra rispetto a quella che sperimentiamo nel nostro vivere.

A questo proposito, vorrei fare una piccola digressione. Quando a volte mi sono sentito chiedere: "Tu in cosa credi?", mi è venuto da rispondere: "nel nulla", intendendo con "nulla" proprio una dimensione altra. Molti spunti in questo senso li avevo trovati a suo tempo nel libro del filosofo Sergio Givone, Storia del nulla, dove si riflette sull'equazione Dio = nulla, sulla scorta di vari filosofi o mistici, fra cui anche Meister Eckart. Credo che il termine "nichilismo" vada indagato in tutte le sue accezioni, a volte anche opposte fra loro, perché potrebbe anche designare in qualche modo una tensione alla trascendenza. Trattando questo argomento mi viene sempre in mente il Cantico del gallo silvestre di Leopardi (nelle Operette morali), e soprattutto la conclusione, con l'immagine visionaria del cosmo svuotato da ogni velleità umana, dopo la fine dei tempi: immagine che a me richiama irresistibilmente l'idea di trascendenza.  

Ti ho esposto qualche rapida impressione, La sorte bizzarra di chi scrive (anche la tua) è questa: una volta mandato lo scritto per il mondo, ognuno lo legge a suo modo. Io spero di non averlo frainteso troppo. Comunque, al di là delle differenze di prospettiva, ho sentito molte assonanze, soprattutto sotto il segno della semplicità e della leggerezza alle quali spesso ti richiami. Insomma, l'ho letto con vero piacere.

Mi auguro che la prossima presentazione sia per te stimolante. Magari riuscite a salire anche quest'anno nel profondo Nord per un'altra presentazione, e allora senz'altro ci saluteremo. Intanto trasmetti un pensiero da parte mia a tutti i tuoi, e a Giulia in particolare.

Paquito Blanchetti

 

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 01/12/2018

Senso o non senso?
Questo è il problema
posto nel nuovo libro di Antonio Thellung (Gribaudi 2018)

39595 ROMA-ADISTA. Antonio Thellung è un vecchio amico di Adista. Ma è soprattutto un vecchio cercatore di senso. Nel 1968 pubblicò un libro, uno dei suoi primi, che si intitolava La verità con la v minuscola. L’aveva scritto qualche anno prima, in un periodo in cui pensare alla verità come ricerca o alla verità come dimensione plurale non andava di moda. Attraverso i decenni Thellung (che pure ha fatto tanti diversi “mestieri” e si è cimentato in attività diverse: assicuratore, pilota automobilistico, pittore, scultore, carrozziere… per 25 anni ha anche prima fondato e poi animato una comunità di famiglie che vivevano e pregavano sotto lo stesso tetto) ha approfondito una riflessione critica sulla dimensione religiosa e sulle ragioni ultime dell’esistenza, in una prospettiva di fede ma non con un atteggiamento fideistico. A 87 anni prova nel suo ultimo libro (Al di là del non-senso. Dall’inquietudine alla speranza, Gribaudi, 2018, pp. 102, euro 10: il libro è acquistabile anche presso la nostra agenzia, telefonando allo 06/6868692, inviando una mail ad abbonamenti@adista.it o collegandosi alla pagina internet www.adistaonline.it/adistalibri) a cimentarsi con il tema del senso della vita, in un contesto in cui tutto sembra perdere progressivamente di significato. E dove anche la ricerca teologica si indirizza «verso orizzonti sempre più terreni», abbandonando la visone tradizionale di Dio e ponendo i credenti nella condizione di cercare relazioni nuove tra ciò che è divino e ciò che è umano.

La riflessione di Thellung – che resta sostanzialmente un filosofo del quotidiano e un teologo di “strada”, nell’accezione più nobile che si può attribuire a questa definizione – parte da una vicenda biografica, la morte dell’amico Elio, quasi un fratello, sicuramente una presenza costante nella vita dell’autore: «Elio è vivo, vivissimo nel ricordo dei suoi cari e di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ma lui dov'è? È ridotto a quel mucchietto di cenere raccolto in una piccola urna? Certamente è immortale nei pensieri, nei ricordi dei suoi cari e dei suoi amici che hanno saputo nutrirsi dei suoi insegnamenti, è vero, ma lui dov'è? Dove si trova?» poi: «La nostra fede nel Risorto non è in discussione, ma fuor di metafora, che cosa significa in concreto? Insomma, la vita di Elio, così pregnante, ha avuto un senso? Ha un senso? Continua a avere un senso in se stessa, oltre a quello che rimbalza in chi lo ha conosciuto e continua a sentirlo vivere nel proprio cuore? E se un senso ce l'ha, esisterà anche un senso d'insieme, un senso che unifica e comprende tutte le esperienze analoghe altrettanto significative? Oppure dobbiamo pensare e credere che nulla abbia un senso che vada oltre la semplice memoria?». Da queste radicali domande prendono avvio i brevi capitoletti di cui è composto il libro.

Di fronte a tante esperienze quotidiane, acquisizioni scientifiche, certezze che sembravano acquisite ormai definitivamente e che invece da ormai oltre un secolo incessantemente crollano o sono profondamente ed irrimediabilmente minate e che portano l’uomo contemporaneo a ritenere che nulla nell’esistenza individuale e collettiva, nel continuo ciclo di nascita e distruzione della vita abbia uno scopo, Thellung argomenta: «Sarebbe forse più credibile che fosse tutto casuale senza connessione comprensibile di alcun tipo? Il caso, il caso. Ma che cosa sarebbe questo caso? Si dice che l'uomo primitivo abbia inventato Dio per giustificare quel che non riusciva a spiegare dopo tutte le conquiste della Scienza e della storia. Scegliamo il caso come spiegazione? È questo il nuovo Dio tappabuchi?». Certo, «teologi illuminati sono da tempo impegnati nel tentativo di spogliare la nostra religiosità da miti e immagini sacrali oggi non più credibili», «tuttavia nessuno di loro intende circoscrivere la realtà divina alle vicende terrene alle quali attribuiscono un significato pregnante, che però non esaurisce il senso della realtà e quindi non diminuisce il gusto della ricerca in chi sperimenta la grazia di essere curioso. Meister Eckhart [teologo e religioso tedesco vissuto tra il XII e il XIV secolo, ndr] scriveva “se lo capisci non è Dio”; ed è ovvio, dato che appartiene a una dimensione per noi incommensurabile, ma solo un ingenuo può pensare che per questo motivo sia inutile cercare. Perché la ricerca ha un gusto e un valore in se stessa anche se è chiaro in partenza che non potrà mai raggiungere i risultati che si propone».

Valerio Gigante

 




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